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78° Nikolajewka

78° Anniversario della Battaglia di Nikolajewka

26 gennaio 2021

Battaglia di Nikolajewka

Il 26 gennaio ricorre l’anniversario della Battaglia di Nikolajewka, battaglia vinta dagli Alpini che ha permesso di sfondare l’accerchiamento dell’esercito Russo ed ha consentito di tornare a casa a poche migliaia di superstiti della Campagna di Russia.

La pandemia in atto ha di fatto annullato tutte le principali celebrazioni della nostra Associazione ma la nostra storia non può e non deve essere dimenticata.
La nostra Sezione anche a causa delle limitazioni imposte dalle norme vigenti in questi giorni non ha organizzato nessuna celebrazione particolare ma dalle pagine di questo sito vuole rendere omaggio a tutti i Caduti e a tutti i reduci di quella tragedia immane che fu la ritirata di Russia, lo facciamo pubblicando un ricordo inviato dall’amico Gen. Stefano Basset già direttore del Museo degli Alpini del Doss Trent.
È una breve ma intensa lettura che ci deve far pensare e riflettere su quanto dolore hanno patito i nostri Alpini e su quanto siano piccole e insignificanti le discussioni e le divisioni che spesso accompagnano la nostra vita quotidiana.

“L’UNICA CHE NON SIETE RIUSCITI A BATTERE “…

“Nel ’44 i Russi entrarono in Polonia e in un campo di concentramento trovarono il generale Reverberi. Il comandante di un’Armata russa lo mandò a chiamare.
“È lei”, disse, “il comandante della famosa Tridentina?”.
“Sì, generale. Perché?”.
“È stata l’unica divisione del settore Centro-Sud che ci è sfuggita. Volevo conoscere il comandante”.
“No”, rettificò Reverberi, “non vi è sfuggita. È stata l’unica che non siete riusciti a battere”.
… l’unica che non siete riusciti a battere.
Ricordo le parole che il generale Reverberi mi disse qualche tempo prima di morire. Ma quanto ci è costato? Qualcuno ci aveva detto di andare oltre ma il nostro cuore ci ha portati qua. Si avanzava per andare a baita. Allora sì che abbiamo lottato per la nostra Italia, per le nostre valli, i nostri campi, le nostre donne.
Ci hanno detto che fummo meravigliosi. Forse sarà vero ma una lunga strada è stata segnata: ossa, zaini, scarponi, armi e sangue. Ora su queste cose il vento dondola i grani.”
Mario Rigoni Stern


Il piombo russo, rimbalza sulle rotaie.
Arriva l’ordine: “Baionetta!”.
C’è di tutto lì in mezzo, il Generale Reverberi conta i suoi, gli servono tutti anche quelli senza munizioni.
Lì conta, li guarda, sono bambini cristo santo ma non c’è speranza, se si vuol tornare a baita di qua si deve passare.
Ma son più quelli che non ci sono che quelli che ci sono:
“Vestone, quanti siete?”.
Troppi pochi.
Val chiese, Tirano, Edolo, ci siete?
Morbegno, dov’è il Morbegno?
Non c’è il Morbegno, non c’è più, è rimasto indietro.
E gli altri, dove sono? La Julia, la Vicenza, la Cuneense? La Julia c’è, è là: 4000 son rimasti appena ma gli altri dove sono?
Non ci sono.
Radunarsi, allora, munizioni, baionette, e i feriti? Anche loro, anche i feriti servono.
Tutti quelli che camminano, tutti quelli che possono sparare, tutti.
E così, sono le 15.30 in quel villaggio dimenticato da Dio, che nasce l’ultimo ordine del Generale Reverberi: “TUTTI I VIVI ALL’ASSALTO!”.
Chi va davanti?”
“Vado io Sig. Generale”.
Reverberi lo guarda, è il Colonnello Martinat capo di stato maggiore di Corpo, vuole andare in testa con l’Edolo.
È già ferito, se va all’assalto non ne esce vivo, ma lui vuole andare perché vuole morire in testa all’Edolo perché era con l’Edolo che aveva iniziato la carriera.
Li raduna, li guarda.
“Io oggi muoio, ma voi no.
Coraggio, ragazzi, di là c’è l’Italia”.
Muore così Giulio Martinat rotolando grida: “Avanti, Edolo! Viva l’Italia!”.
Più a destra parte il battaglione Vestone, Rigoni e Moreschi avanti con una mitraglia pesante entran per primi a Nikolajewka con un solo ufficiale chiamato Danda comincia a coprire l’attacco ma ormai pochi camminano.
Muore Raul, il primo che ho conosciuto sotto le armi, muore Marangoni, dietro il costone della ferrovia, e muore anche Guanì: “Sergentmagiù… me törne piö a baita”.
Ghe tornerem Giuaní, un dì perché baita nostra non è su questa terra.
Giuanì sei morto portandomi le munizioni della pesante.
E gli altri? Il Val Chiese, il Bergamo, il Valtellina, dove son rimasti?
Son la al costone lo sbarramento dei russi li ha bloccati, Cristo santo ci inchiodano di nuovo.
È finita?
No!
Ed è allora che tutti lo hanno visto.
Uno solo saltare su un semovente tedesco in piedi in mezzo alle raffiche incrociate.
Il rumore della battaglia si è fatto silenzio.
Il silenzio solenne che vede nascere una leggenda:
Reverberi in piedi grida:
“AVANTI, TRIDENTINA! AVANTI!”
E allora avanti!
Una massa di sbandati va incontro alla sua ora di gloria.
Si passa, si passa!
Attraversano Nikolajewka lastricandola di morti perché ci sono 48 sotto zero e se ti pigliano sei morto.
Alle 5 è tutto finito: ci contiamo, siamo qua, siamo vivi ma siam pochi.
Chi non è passato con la prima ondata non passerà mai più.
Persa la Cuneense, persa la Vicenza, persa buona parte della Julia, ma noi, noi ce l’abbiamo fatta.
Un giorno di gloria che ha dato valore ad una intera vita.


Marco Caviggioli

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